Sempre più difficile la situazione dei commercianti ternani. Oltre alla crisi internazionale, pesa sugli esercenti anche la scarsa capacità di rilancio dell’economia locale da parte delle amministrazioni, senza contare poi la concorrenza cinese, ormai vero cancro per la piccola e media impresa.
Abbiamo già dato voce ad iniziative e proteste di cittadini indignati per l’elevata tassazione cui sono sottoposti e per la penuria di beni e servizi che ottengono in cambio dei loro sacrifici.
Ricorderete certamente Roberto il negoziante indignato che, con una provocatoria svendita, coinvolgeva clientela e colleghi sottoponendo il loro il problema di un comune poco interessato alla tutela del cittadino, nonché del pericolo di una diffusione di concorrenza asiatica in centro città, in particolare nello storico Corso Vecchio, dove i locali gestiti da cinesi e pakistani sono quasi venti.
Ventuno per l’esattezza. Dopo almeno due decenni di attività un bar di via Carrara ha chiuso i battenti ed è stato ceduto per circa centomila euro ad imprenditori cinesi.
Stando alle dichiarazioni degli esercenti limitrofi la trattativa si sarebbe conclusa in appena 72 ore e, seppur in un momento di crisi finanziaria molto forte, i vecchi titolari avrebbero ricevuto brevi manu l’ ingente somma di denaro.
Va da sé che in un sistema di libero mercato vinca chi ha maggiore dispoibilità di capitali da investire; tuttavia lecito è anche il dubbio sollevato dai commercianti locali, ovvero come facciano immigrati fuggiti da situazioni di miseria, costretti a lavorare in Italia in condizioni di semi schiavitù, a disporre nell’immediato di tanti quattrini.
Nel solco tracciato da Roberto, il titolare di una boutique di moda ha risposta provocatoriamente all’acquisto del bar con un cartello in vetrina
NEGOZIO ITALIANO
Un piccolo ma significativo gesto di protesta. Giacomo (il nome dell’esercente) ci ha spinti a fermarci un momento e ad osservare la via dall’incrocio con Corso Vecchio. E’ proprio vero, la boutique è quasi un ‘avamposto’ nostrano. Un ristorante dalle vistose lanterne rosse, un altro negozio di articoli per la casa rigorosamente made in China e il bar in oggetto circondano Giacomo e la sua attività.
Percorrendo la via ancora botteghe straniere, così fino alla rotonda di ponte Caraciotti. Un panorama sconfortante in una città che già soffre per la carenza di lavoro, per la mancanza di un piano regolatore ed un’edilizia ‘selvaggia’, per uno smaltimento dei rifiuti che avvelena l’aria e per il degrado di vaste zone della periferia e del centro (cfr. Piccole Napoli intorno a noi).
Alle saracinesche serrate e al fallimento di alcuni piccoli imprenditori ed artigiani, si contrappone la voracità di comunità straniere che paiono non risentire delle tasse, della crisi e dell’aumento del caro vita.
Difficile trovare ormai un cartello ‘Cercasi personale’ appeso in vetrina. Chi può taglia l’organico, magari dopo aver pagato a singhiozzo gli stipendi degli ultimi dipendenti; invece è ormai abbastanza facile leggere un ‘cercasi commessa cinese o rumena’. Altro fattore che preoccupa i ternani riguarda i controlli delle autorità. Se per uno scontrino non stampato si rischia di incorrere in multe salatissime, la notizia di ispezioni a fondo nelle Chinatown ‘nostrane’ è piuttosto rara.
Marco Petrelli
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