Trentasette anni fa anni fa, nel carcere-lager di Long Kesh, moriva Bobby Sands, ventisettenne attivista nord irlandese, volontario del PIRA (Provisional Irish Republican Army).
Sands era stato condannato in base a labili prove a 14 anni di carcere nel 1977, recluso nei blocchi H della prigione britannica, ex campo di aviazione della RAF riconvertito a penitenziario.
Durissime le condizioni di vita, onta per la nazione inglese che, dalla seconda guerra mondiale, si presentava al Mondo come paladina della democrazia.
1977 – 1981: sono lunghi quattro anni dietro le sbarre, ma Bobby Sands non perde lucidità e determinazione. Celebri, tra le quattro mura della cella, le sue opere ed i suoi articoli redatti su carta igienica, clandestinamente usciti da Long Kesh e pubblicati dal quotidiano An Phoblacht vicino alla causa repubblicana.
Scritti ma anche azioni clamorose, come la ‘protesta dello sporco’ : impossibilitati a recarsi in bagno poiché vittime delle violenze delle guardie, i detenuti nord irlandesi defecano nei loro angusti spazi, al fine di attirare l’attenzione dell’autorità carceraria sul clima d’inferno calato sugli H Block. Nessuna risposta. A questo punto agli internati non resta che la scelta di un’azione ancor più clamorosa, tale da rendere pubbliche anche oltre le cinta di cemento l’ obbrobriosa condizione nella quale versano.
Nell’ Ottobre del 1980 inizia il primo sciopero della fame: cinquantatré giorni al termine dei quali si registra un decesso per inedia. La vittima ha un nome e un cognome, Sean Mc Kenna.
Novanta giorni dopo Sands da inizio al secondo digiuno di protesta. Due mesi, fino al 5 maggio 1981, che distruggono nel fisico il giovane irlandese nel frattempo, per ironia della sorte, eletto deputato della Camera dei Comuni.
Mc Kenna e Sands muoiono di inedia e di indifferenza. Il fatto che per due mesi entrambi abbiano rifiutato il cibo non ha preoccupato oltremodo le autorità britanniche; diverso però l’atteggiamento dell’opinione pubblica internazionale che, al secondo decesso in sei mesi, esplode: da Teheran (dove via Winston Churchill diventa via Bobby Sands) a Milano fino agli USA sono decine le azioni di protesta. Anche la Pravda, organo ufficiale dell’ URSS (paese comunque privo delle più elementari norme di rispetto della libertà individuale) si mobilita a sostegno della causa irlandese.
Sono trascorsi tre decenni dalle morti di Sean e Bobby ma l’Irlanda del Nord è ancora là, priva della sua indipendenza, sottoposta ad un dominio retaggio del passato. Nell’estate del 2011 Brendan Lillis, anche lui attivista per la libertà del paese, fu tenuto in carcere dalle autorità britanniche, convinte fosse un soggetto troppo pericoloso per essere rimesso in circolazione. Lillis, debole e malato, era arrivato a pesare meno di quaranta chili. La decisione della magistratura inglese di mantenerlo in galera fu sintomatica di come, trentuno anni dopo, poco o nulla sia cambiato in Irlanda del Nord.
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