Negli Stati Uniti è già tempo di primarie. Nel paese dove la politica esiste esclusivamente in campagna elettorale i motori della macchina del consenso si sono riaccesi. Da qualche mese il GOP (Grand Old Party, i Repubblicani) sforna candidati più o meno ufficiali.
Sono turbo-liberisti, profeti di Dio, interventisti e guerrafondai, anarco-capitalisti; insomma, un piccolo circo politico-mediatico, dove gli elettori vengono maggiormente colpiti da una battuta ad effetto piuttosto che da un piano sul ritiro dai territori occupati militarmente, da una serata in tv piuttosto che da un progetto di welfare state.
Al circo non partecipa il Democratic Party, semplicemente perché il suo candidato sarà l’uscente Barack Obama. Il Republican party, però, compensa e lancia attori di tutto rispetto: Rick Perry, governatore del Texas, creazionista e sostenitore della pena di morte; Michelle Bachmann, famosa più per l’aver 23 figli in adozione che per le sue doti politiche; Mitt Romney, già candidato sconfitto alle primarie 2008, ricco imprenditore mormone; la new-entry Christopher Christie, governatore moderato del New Jersey.
Non è così, e non voglio nemmeno essere colui che vi racconta tutto di lui, anche perché non mi basterebbe una settimana per trascrivervelo. Se masticate un po’ di inglese, vi consiglio di digitare il suo nome su internet e leggerete qualcosa di nuovo.
Paul propone l’abolizione della cancellazione sul reddito e il ritorno al sistema aureo; pretende la sparizione della Federal Reserve System e programma politiche di non-interventismo e di ritiro delle truppe da tutti i territori occupati, nonché di un dialogo con l’Iran e un rapporto non prono nei confronti di Israele e Cina; e’ per il ritiro degli Usa da tutte le organizzazioni sovranazionali e per una forte politica di decentramento governativo.
A 76 anni suonati ci riprova. La prima speranza, quella di Obama, è fallita.
Quale sarà la prossima?
Michele Pisano
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