In questi giorni il mondo della fisica è in subbuglio. Certezze secolari sono messe in discussione, la comunità scientifica è divisa, mentre tutti si improvvisano esperti di relatività e di fisica subnucleare. In realtà è un film già visto spesso nella storia della scienza, ma viverlo in prima persona, specialmente per chi ha la possibilità (e la fortuna) di lavorare in questo ambito, è davvero tutta un’altra cosa.
Ma andiamo con ordine. Un gruppo internazionale di ricercatori (in buona parte italiani) ha realizzato un esperimento in grado di misurare la velocità dei neutrini. Un neutrino, è bene ricordarlo, è una particella neutra, cioè priva di carica elettrica, e leggerissima (ha una massa incredibilmente piccola anche a confronto con le più leggere particelle subatomiche), che viene prodotto in processi di decadimento di nuclei radioattivi. Si tratta di uno degli oggetti più misteriosi della fisica moderna, in quanto interagisce pochissimo con la materia ed è estremamente difficile riuscire a rivelarlo. Per questo motivo, gli esperimenti volti a conoscere meglio le proprietà dei neutrini (come la loro velocità, ad esempio) sono ormai all’ordine del giorno. Nel caso dell’esperimento di cui stiamo parlando, un fascio di neutrini prodotti al CERN di Ginevra è stato “sparato” verso i laboratori del Gran Sasso in Abruzzo. Conoscendo la distanza tra il punto di partenza e il punto di arrivo e misurando il tempo impiegato dai neutrini a percorrere tale distanza, è banale ottenere la velocità, che come è noto è quella grandezza fisica espressa dal rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato a percorrerlo. Un esperimento tanto semplice concettualmente, quanto complesso tecnicamente, perché misurare una distanza e un intervallo di tempo con la massima precisione possibile richiede una strumentazione all’avanguardia e la massima attenzione ai dettagli. Due condizioni che comunque non difettano certo ai ricercatori impegnati nell’esperimento.
Il risultato ottenuto è però semplicemente incredibile: la velocità misurata dei neutrini risulta superiore alla velocità della luce!
Qual è il problema? Semplice. Albert Einstein, nel 1905, ha pubblicato una teoria rivoluzionaria che di fatto ha segnato l’inizio della fisica moderna, la Relatività Ristretta (cui seguì dieci anni dopo la teoria della Relatività Generale, di cui la Relatività Ristretta è in sostanza un caso particolare). Questa teoria, che ha ricevuto innumerevoli conferme sperimentali nell’ultimo secolo, si fonda su pochi semplici postulati, e uno di questi riguarda proprio la della velocità della luce. Il postulato afferma che “la velocità della luce nel vuoto è una costante (pari a circa 299,8 milioni di metri al secondo)”, cioè non dipende dal sistema di riferimento nel quale la si misura. Non solo, una delle più immediate conseguenze di questo postulato è che nessun oggetto nell’Universo può muoversi a una velocità superiore a quella della luce (se così fosse, la massa di quell’oggetto diventerebbe infinita!).
E’ facile quindi rendersi conto delle incredibili conseguenze che si avrebbero se questa scoperta venisse confermata: venendo a mancare uno dei postulati su cui si basa l’intera teoria, la teoria stessa non sarebbe più valida!
Ma cosa si può dire riguardo a questi risultati? Sono attendibili al 100%, oltre ogni ragionevole dubbio? La risposta, per il momento, è no, e ora spiegheremo il perché. Prima è però necessario puntualizzare una cosa: la professionalità dei ricercatori impegnati in questo esperimento non può e non deve essere messa in discussione. Il loro stesso atteggiamento, come impone il metodo scientifico, è stato ed è tuttora di totale prudenza. Trattandosi di un risultato così destabilizzante, hanno prima cercato di individuare qualche errore nella procedura sperimentale, poi, non avendo trovato nessun apparente “vizio”, hanno pubblicato i risultati ma invitando altri gruppi di ricerca a realizzare autonomamente lo stesso esperimento e verificare così l’attendibilità della scoperta. E’ così che funziona la scienza: non basta pubblicare un risultato che si ritiene attendibile per fargli acquisire una “patente” scientifica certa, ma è necessario che questo risultato sia riproducibile da chiunque in modo indipendente e nelle stesse condizioni sperimentali (Galileo Galilei docet).
E’ poi necessario specificare un particolare importante: la deviazione misurata rispetto alla velocità della luce è in realtà estremamente piccola (una quantità pari a circa uno diviso centomila), dunque non si può escludere la presenza di un piccolissimo errore nella procedura sperimentale che possa essere sfuggito ai ricercatori, e che abbia alterato la misura della velocità dei neutrini di quel tanto che basta per renderla superiore alla velocità della luce.
Razionalmente, la probabilità che questo sia accaduto è certamente superiore alla probabilità che la teoria della relatività sia sbagliata.
Ma non si può escludere il contrario: se questi risultati fossero confermati inconfutabilmente, si aprirebbero degli scenari paragonabili a una nuova rivoluzione copernicana, certamente pari a quella che la stessa teoria della relatività generò nel momento in cui fu pubblicata. Certezze consolidatesi in più di un secolo crollerebbero, la teoria di Einstein dovrebbe essere corretta o forse addirittura riscritta da capo. Una prospettiva preoccupante ma al tempo stesso anche molto stimolante per chi lavora in questo campo.
In questo momento però si tratta di semplici speculazioni. Ora l’unica cosa da fare è attendere la verifica sperimentale di questo clamoroso risultato. Solo tra qualche mese, o forse anche di più, avremo una risposta definitiva.
Matteo Serra
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