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Quando la pena di morte va in tv, e diventa reality

 Ding Yu era ed e’ una giovane, intelligente e attraente giornalista cinese. È della provincia di Henan. Ding Yu aveva  avuto un’idea e l’ha messa in pratica. Perché non c’è limite alla voglia di cinismo della nostra epoca.

Non c’è limite alla sete di soldi di chi lavora in tv. E quindi la giovane, intelligente e attraente giornalista cinese Ding Yu ha portato la morte in prima serata. Il ffamoso programma si chiamava  “Interviste prima dell’esecuzione”. E già dal nome si capisce tutto. Era un reality show, ma con dei protagonisti un po’ “diversi” dal solito: i condannati a morte.

Le puntate si articolano partendo dalla giornata di Ding. Una sana colazione prima dell’intervista, perché occorrono le energie necessarie per affrontare la giornata. Poi chiaramente, come una qualsiasi ragazza che sta per andare a un qualsiasi lavoro, la  conduttrice sceglie con cura l’abbigliamento adatto. Perché bisogna essere sempre carine. Sempre perfette.

E poi, in prigione. Davanti a una nazione di oltre un miliardo di abitanti, Ding Yu pone al condannato le sue domandine così infantili, e per questo ancora più inquietanti. “Sei consapevole di quello che hai fatto?”, e poi un po’ di macabri dettagli, tanto per gradire: “E quindi, hai affondato il coltello nella schiena?”. Perché la giornalista sceglie con cura le sue vittime. Pardon, gli intervistati. Sì, perché non basta che siano condannati a morte, è ovvio. Devono anche aver commesso un crimine particolarmente atroce. Sul sito della PBS International, l’emittente britannica che manda in onda “Interviews before execution”, è candidamente riportato, nella sezione dei programmi “novità”, che l’attraente Ding (“young, smart and attractive journalist”)  intervista solo persone che hanno “perpetrato violenti e orrendi crimini, come per esempio un omosessuale che ha abusato della madre dopo averla uccisa, un gruppo di balordi che ha violentato e ucciso una ragazza dopo aver realizzato che la famiglia non poteva permettersi di pagare il riscatto del suo rapimento, una donna che ha accoltellato a morte il marito dopo anni di abusi psicologici”. Storie leggere, è il caso di dirlo.

 

Attraverso telecamera e microfono, i condannati regalavano al mondo il loro ultimo messaggio, e invitano chi guarda a non percorrere la loro stessa strada. E poi, non poteva mancare il momento degli addii, in perfetto stile “Carramba, che sorpresa!”: lacrime, baci, gli ultimi abbracci. Infine l’esecuzione, sbattuta in faccia ai telespettatori, nei dettagli.

Secondo Amnesty International, solo nel 2010, Asia e Medio Oriente sono state responsabili del più alto numero di esecuzioni. La Cina, in particolare, ha applicato la pena di morte per giustiziare migliaia di persone per un’ampia serie di reati. Ancora, in questo anno, sono state registrate un altissimo numero di sparizioni di persone considerate “dissidenti” dal governo cinese, come avvocati per i diritti umani, attivisti e cristiani.

Non si capisce per quale “nobile fine” la giovane, intelligente e attraente Ding Yu abbia deciso di intervistare i condannati prima dell’esecuzione. Il fine c’è, ma non ha nulla di nobile, e si può sintetizzare con una brevissima parola, brevissima in tutte le lingue, anche in cinese: “Qiàn”. Soldi. 

 

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