Dall’altra parte dell’oceano, negli Stati Uniti, c’è un intero Paese in fermento. Il 2012 sarà l’anno dell’elezione, o rielezione, del presidente a stelle e strisce. Il Democratic Party candiderà l’uscente Barack Obama, mentre i repubblicani del GOP (Grand Old Party),
sono alla ricerca del proprio uomo: il metodo attraverso cui verrà selezionato è quello delle primarie, o caucus (una sorta di assemblea di partito con votazione).
In realtà, gli elettori non votano direttamente il proprio candidato preferito, ma una lista di delegati che, in una convention finale, eleggeranno l’aspirante presidente.
Questo lunghissimo avvenimento, faticoso, affascinante ma soprattutto economicamente costoso, coinvolgerà il Republican Party, che vede correre sotto le sue insegne numerosi candidati. Ci sono anche partiti minori, come il Green Party e il Libertarian party, che però, a causa del forte bipartitismo statunitense, subiscono una minore visibilità politica.
Ognuno dei candidati ha i propri trascorsi politici da raccontare (e privati, da farsi raccontare, come accade spesso negli Stati Uniti), il proprio programma elettorale, la propria campagna di comunicazione da portare avanti.
I repubblicani che chiedono il favore degli elettori, e che hanno una discreta visibilità, sono meno di una decina; alcuni di questi, per un motivo o per un altro, si sono già ritirati. In un articolo successivo a questo li elencherò e analizzerò le caratteristiche.
Ciò che rende particolare questo voto è la sua straordinaria complessità e importanza. Scegliere il candidato alla presidenza degli Stati Uniti affidandosi al voto popolare senza passare direttamente per la segreteria del partito induce i politici a campagne di comunicazione ad effetto, spesso populiste, con toni e temi forti.
E’ necessario uno staff elettorale forte in ognuno degli Stati, che sia in linea con la campagna elettorale nazionale ma che, allo stesso tempo, sia in grado di gestire le tematiche più importanti sentite nel territorio in cui si vota. Tutto ciò, implica, come già detto, un’enorme spesa: negli Stati Uniti, è obbligatorio pubblicare i nomi dei finanziatori della campagna e relativo importo versato (che non può superare una determinata cifra): in cambio, il gruppo di sostegno chiede, in caso di vittoria, attenzione per i propri interessi. Un do ut des alla luce del sole.
Ricorderete l’incredibile elezione del 2008. Hope. Obama era la speranza. La crisi non era ancora entrata nel vivo, e oggi, più del tracollo finanziario, a far paura è…la paura. Il timore di investire e di risparmiare allo stesso tempo, di costruirsi famiglia e futuro, di ritrovarsi in una nuova guerra contro stati minacciosi (così dicono), di ritrovarsi, semplicemente, con la propria fabbrica, azienda, attività in fallimento.
Il 2012 sarà più importante.
I repubblicani lo sanno, ed è per questo che le primarie saranno una battaglia senza esclusione di colpi.
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