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L’epopea degli Academy Awards: una storia di successi che dura da 80 anni

 Quattro chili. Certamente questo peso non indifferente deve aver colpito Janet Gaynor quando la ricevette nel 1929, al Roosevelt Hotel di Hollywood. La Gaynor è stata infatti la prima attrice nella storia del cinema a stringere tra le mani la mitica statuetta in rame, peltro, nickel e argento che noi oggi conosciamo col nome di Oscar, ma che negli anni della Grande Depressione era chiamata semplicemente “Award of Merit”. Janet Gaynor, occhi grandi e viso angelico (pare che Walt Disney avesse tratto ispirazione proprio da lei per creare il personaggio di Biancaneve), si aggiudicò il leggendario premio per la sua interpretazione in ben tre film: Settimo Cielo, L’angelo della strada e Aurora. Sempre nel 1929, vinsero anche l’attore Emil Janning, Lewis Milestone e Frank Borzage come migliori registi (rispettivamente per un film commedia e un film drammatico) e lo sceneggiatore di Settimo Cielo Benjamin Glazer. Il premio speciale andò invece alla Warner Brothers per aver prodotto Il cantante di jazz, primo film sonoro, e a Charlie Chaplin per Il circo.

Tutto questo avvenne la sera del 16 maggio 1929 nella Blossom Room del già citato Roosevelt Hotel di Hollywood, in presenza di duecentocinquanta ospiti paganti (il biglietto costava dieci dollari). Per qualificarsi, un film doveva uscire a Los Angeles nell’arco dei 12 mesi che si concludevano il 31 luglio dell’anno precedente. Ai giorni nostri, durante la cerimonia degli Academy Awards vengono premiate ben 29 categorie, senza contare l’attribuzione dei premi speciali. Nel 1929 furono consegnati tredici premi e due premi speciali. A presentare la serata, William De Mille, regista e sceneggiatore, e l’attore Douglas Fairbanks, padre del più noto Douglas Fairbanks Jr., anch’egli attore. La cerimonia durò la bellezza di quattro minuti e ventidue secondi, e (cosa incredibile ai nostri occhi) non ebbe quasi nessuna risonanza mediatica. A volerla fu l’A.M.P.A.S. (Academy of Motion Picture Arts and Science), una organizzazione professionale onoraria istituita in California l’11 maggio 1927 per sostenere lo sviluppo dell’industria cinematografica nazionale. Tra i fondatori, spiccano i nomi dell’attrice Mary Pickford e dello stesso Douglas Fairbanks Sr. Come premio simbolico, i soci dell’Ampas scelsero la notissima statuetta placcata in oro in 24 carati, disegnata nel 1928 da Cedric Gibbon, Art Director della Metro Goldwyn Mayer, e realizzata dallo scultore George Stanley. La statuetta, il cui valore esatto è di 295 dollari, è alta 33 centimetri, ha una base di 13 centimetri e rappresenta un uomo che tiene in mano una spada da crociato, in piedi sulla bobina di un film. Esistono due teorie ufficiali che spiegano l’origine del nome “Oscar”: la prima vede come protagonista l’attrice Bette Davis (notissima per i ruoli in Eva contro Eva e Che fine ha fatto Baby Jane?), che sosteneva di aver ribattezzato la statuetta in onore del suo primo marito, Harman Oscar Nelson Jr. La seconda teoria, solitamente più accreditata, attribuisce la paternità del nome a un’impiegata dell’Academy of Motion Picture and Arts, Margaret Herrick, che dopo aver osservato la statuetta esclamò: “Assomiglia proprio a mio zio Oscar!”. Nel caso che gli attori non vogliano tenere il premio, secondo le regole non possono rivenderlo a terzi ma solo restituirlo all’Academy, che lo riacquisterà per la cifra formale di dieci dollari. Nel corso della storia del Premio pare che non tutti seguirono questa norma. L’Oscar vinto da Un americano a Parigi nel 1951, per esempio, venne acquistato da un collezionista svizzero per la cifra di 15.700 dollari, mentre quello ottenuto da Marlon Brando per l’interpretazione in Fronte del porto fu venduto per 13.000 dollari.

Altre curiosità rimaste nella memoria collettiva, riguardano le reazioni degli artisti che in ottantatré anni si sono susseguiti per ritirare un premio tanto ambito: il pianto di John Wayne per la vittoria nel film True Grit del 1970, la rinuncia al premio di Marlon Brando in favore della causa dei nativi americani, la camminata sulle poltroncine rosse del Kodak Theatre che Roberto Benigni improvvisò nel 1999 quando vinse con La vita è bella, il bacio tra Adrien Brody e Halle Berry quando l’attore ottenne la statuetta per Il Pianista di Roman Polanski. Indimenticabili anche i momenti di ilarità, come la figuraccia del regista Frank Capra che, sentendo il presentatore dire: “Vieni a prendere il premio, Frank!”, si alzò felice e sorridente e andò verso il palco, accorgendosi solo all’ultimo minuto che il vero vincitore era Frank Lloyd. Meryl Streep, invece, nel 1979 dimenticò la statuetta in bagno e qualche anno prima il povero compositore Carmine Coppola (padre del regista Francis Ford) si lasciò sfuggire di mano l’Oscar ricevuto per Il Padrino-Parte II, che cadendo a terra si ruppe in due pezzi di fronte alle telecamere.

Dopo ottant’anni, la notte degli Oscar non è più soltanto una cerimonia, ma un evento mediatico di importanza planetaria, nonché la passerella mondana per eccellenza. Attori e attrici sono i protagonisti principali e la loro sfilata sul notissimo “red carpet” (il tappeto rosso), è quasi più seguita della stessa premiazione. Secondo la rivista americana Forbes, un attore per prepararsi alla notte degli Oscar spende in media 30.000 dollari. Le case cinematografiche investono cifre da capogiro per la promozione dei loro film solo per una candidatura agli Academy Awards. I produttori di The Aviator e di Million Dollar Baby, ad esempio, hanno investito 15 milioni di dollari per la campagna pubblicitaria. Un’ottima mossa, se si pensa che entrambi i film hanno trionfato agli Oscar (The Aviator ha conquistato cinque statuette, Million Dollar Baby quattro). Ma non sempre pubblicizzare un film serve a qualcosa. Quest’anno, infatti, l’opera settima di Michel Hazanavicious, regista francese finora semisconosciuto di origini ebreo-lituane, ha letteralmente dominato la notte degli Oscar –era dal 1929 che un film muto non conquistava l’Oscar al miglior film-, stravincendo su pellicole sponsorizzate con grande clamore come Hugo Cabret di Martin Scorsese. The Artist, di cui Hazanavicious è anche sceneggiatore e montatore, si è infatti aggiudicato le cinque statuette principali (miglior regia, miglior film, miglior attore protagonista, miglior colonna sonora, migliori costumi) mentre Scorsese ha conquistato sempre cinque statuette ma solo per categorie tecniche, di importanza minore. Quindi, alle volte, la potenza delle major non è tutto.

E l’anno prossimo come andrà la fatidica notte degli Academy Awards? Secondo le prime speculazioni a riguardo, stupirà tutti The Master, ispirato alla vita del fondatore di Scientology, ultimo film di Paul Thomas Anderson (regista de Il Petroliere) con Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix. Grande attenzione anche per il musical di Tom Hooper Les Mirables –basato sull’opera omonima di Victor Hugocon Hugh Jackman, Russell Crowe e Anne Hathaway (certe volte l’Academy non disdegna il genere, come era capitato con Chicago di Rob Marshall).  Quasi certamente, non verranno scartati nemmeno Anna Karenina di Joe Wright (regista di Espiazione) con Keira Knightley –ormai diva dei film in costume- e Lincoln di Steven Spielberg con Daniel Day Lewis nei panni dello storico presidente repubblicano. Come film d’animazione, non potrà mancare Brave della Pixar di John Lassater, film in digitale con protagonista la principessa scozzese Merida. In merito alle nomine per miglior attore e migliore attrice, si vocifera che a ottenere la statuetta potrebbe essere (finalmente!) Leonardo Di Caprio con la sua interpretazione in Django Unchained, di Quentin Tarantino, e la simpatica Amy Adams, per ben tre volte vicina alla vittoria, l’ultima nel 2011 con The Fighter.

Speriamo anche nel cinema italiano, che (almeno nella categoria di miglior film straniero) potrebbe proporre Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, sull’esplosione che nel 1969 devastò la Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, e Magnifica Presenza di Ferzan Ozpetek, con Elio Germano –palma d’oro all’edizione 2010 del Festival di Cannes- nei panni di un simpatico pasticcere che sogna di fare l’attore.

Queste alcune predizioni verosimili per le candidature, ma è ancora tutto da decidere. Aspettiamo il 24 febbraio 2013, data in cui dovrebbe svolgersi la cerimonia. And may the best movie win!

Alice Gurrieri

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