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Emanuela Loi, unica donna della scorta di Paolo Borsellino:quando ricordare significa lottare

 “Ho visto corpi senza vita, brandelli di un’idea”.
Con queste parole dell’attore sardo Mario Medas inizia l’evento “II Premio Nazionale Emanuela Loi- La forza del coraggio”, tenutosi il giorno 11 febbraio 2012 nell’aula consiliare di Via Scipione a Sestu, in provincia di Cagliari, organizzato dal movimento “Sardegna Virtuosa”.
Sono passati vent’anni ormai da quando Paolo Borsellino è stato ucciso insieme agli uomini e all’unica donna della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina, Walter Eddie Cosina. Vent’anni dal giorno in cui in Via D’Amelio è stato compiuto un attentato, non solo contro il giudice antimafia Paolo Borsellino e la sua scorta, ma contro i valori che dovrebbero guidare ogni cittadino, in modo particolare i cittadini che rappresentano le istituzioni.

Tutti coloro che sono stati uccisi quel giorno combattevano per la difesa della legalità, per la ricerca della verità. Avevano sete di giustizia.

Combatteva Paolo Borsellino, che aveva scelto di adempiere al suo dovere facendosi guidare dai suoi valori e dall’amore per la sua terra. Lo faceva insieme agli agenti di polizia che erano consapevoli, nel momento in cui avevano chiesto di poter far parte della sua scorta, del fatto che le loro sorti sarebbero state legate indissolubilmente a quella del magistrato coraggioso. Perchè per questi agenti fare il loro lavoro, e farlo bene, era più importante di qualsiasi altra cosa al mondo.

Il premio è stato assegnato ad Antonio Esposito, magistrato Presidente della Seconda sezione penale di Cassazione; Antonio Ingroia, procuratore di Palermo; Pino Masciari, imprenditore calabrese vittima della mafia; Sonia Alfano, Europarlamentare e presidente associazione familiari vittime di mafia; Gianni Barbacetto, giornalista de “Il Fatto Quotidiano”; Luciano Marica, pescatore; Il Gruppo di Intervento Giuridico nella persona del presidente Stefano Deliperi, il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi; Il Movimento Artigiani e Commercianti Liberi rappresentato da Andrea Impera; il Movimento Pastori guidato da Felice Floris; Gaetano Porcasi, pittore antimafia. La giuria era presieduta dal giudice Ferdinando Imposimato ed era presente Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso il 19 luglio 1992.

Quel giorno, nell’aula consiliare di Sestu, hanno riecheggiato tanti nomi. I nomi di chi c’era e ora non c’è più. I nomi di chi lotta contro la mafia e quelli di chi lotta contro i potenti che credono di poter esercitare il proprio potere su tutto e su tutti.

Ma tenere viva la memoria di chi è morto per difendere i valori non significa solo ricordare il suo nome. Significa dimostrare a sé stessi e agli altri che le loro idee non sono state ridotte a brandelli, ma sono vive nella mente di ogni cittadino.

Luciano Marica ricorda la voglia di legalità di Paolo Borsellino e della sua scorta quando lotta contro la Nato per difendere i diritti dei pescatori. Lo fa dal 1996, perchè non sopporta che i suoi diritti e quelli di chi è nato in quella terra vengano subordinati alle prove tecniche della guerra.

Pino Masciari ricorda la sete di giustizia di questi uomini e questa donna coraggiosi quando si rifiuta di chinare la testa di fronte alla ‘ndrangheta che nella sua terra, la Calabria, la fà da padrona.

Ora vive sotto scorta ed è disoccupato, perchè voleva fare l’imprenditore in modo onesto, denunciando chi gli chiedeva il pizzo.

Gianni Barbacetto ricorda la ricerca della verità alla quale andavano incontro quotidianamente queste persone indagando, intervistando, scrivendo anche le verità più scomode.

Oltre ai nomi, è necessario ricordare gli oggetti. L’agenda rossa sulla quale Paolo Borsellino appuntava i dati delle sue indagini, ad esempio. Dopo l’attentato non venne mai ritrovata.

Probabilmente conteneva il tassello mancante dell’indagine dei giudici siciliani. “Fuori la mafia dallo Stato” urlava a gran voce la folla presente al funerale di Paolo Borsellino.

Questo era il desiderio più grande dei giudici e delle loro scorte. La fine della commistione tra le istituzioni dello Stato e le organizzazioni malavitose.

Lottare per la realizzazione di questo sogno significa cambiare l’immagine dell’Italia: da Paese delle farfalle a Paese dei veri eroi.

Giulia Cara

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