“Le immagini non sono soltanto immagini: sono comunicazione, memoria, sapere, educazione”. Esordisce così Lorella Zanardo nel documentario “Il corpo delle donne”, uscito nel 2009, guardato da oltre 4 milioni di persone online. L’esigenza centrale che ha spinto la Zanardo e gli altri autori a realizzarlo, è stata quella di mostrare come la televisione (e più in generale, tutti i mezzi di comunicazione di massa) tenda a rappresentare uno stereotipo di donna, ben lontano dalla donna vera.
Partendo dall’assunto che più della maggioranza del pubblico televisivo è composto da donne, immaginiamo quale condizionamento riescono a trasmettere le immagini della tv. I corpi femminili diventano rappresentazioni grottesche, che di umano non hanno più nulla. Seni gonfiati, fianchi inesistenti, visi privati della naturale espressività e trasformati in maschere senza unicità, donne mezze nude che mostrano le loro parti più intime a una telecamera avida di inquadrature ginecologiche.
Ma non è solo alla deformazione chirurgica che bisogna prestare attenzione: la donna viene spesso e volentieri relegata al ruolo marginale di valletta oca, senza personalità, che con aria ebete e sciocca si fa prendere in giro e deridere, senza quasi accorgersene, anzi assecondando certi atteggiamenti nei suoi confronti. Le donne si sono ormai autoridotte, come mette in luce Lorella Zanardo, “a oggetti sessuali, a cornici mute o assurte al ruolo di conduttrici di trasmissioni inutili dove mai è richiesta la competenza”. Le eccezioni, nella tv, si possono contare sulle dita di una mano e molte volte la competenza di una conduttrice donna è richiesta solo negli orari di bassa audience.
Ma l’aspetto senza dubbio più incredibile dell’analisi de “Il corpo delle donne” riguarda la percezione che la donna ha del proprio corpo: ormai, le donne si guardano tra loro con occhi maschili, guardano i loro seni, le bocche, le rughe come pensano che un uomo le guarderebbe. La pubblicità utilizza infatti immagini ed espedienti che apparentemente sono realizzati per attrarre un uomo, ma che in realtà servono ad affascinare le donne. Come in molti avranno notato, gli spot sono carichi quasi sempre di messaggi erotici malcelati, inseriti appositamente per catturare l’attenzione dello spettatore. Anche il cibo viene rappresentato eroticamente, come una recente pubblicità in cui una ragazza mangia un gelato mentre lo speaker parla di “gusto intenso e piacere più lungo”.
Sono dunque la televisione e i media a imporre certi canoni, delle regole che noi non abbiamo deciso e che rispettiamo, ormai quasi inconsciamente. Se non esistessero simili messaggi mediatici, noi non ci sentiremmo oppressi da modelli innaturali e ci accetteremmo per quello che siamo con più intelligenza e maturità. Accetteremmo i nostri volti, la nostra espressività, le nostre rughe, i nostri fisici. Come ricorda il documentario, un viso ha 45 muscoli facciali, e a parte quelli che servono per masticare, baciare, odorare e soffiare tutti gli altri hanno l’unica utilità di esprimere emozioni. Perché dunque le donne si rifiutano di mostrare la loro emotività? E soprattutto le donne adulte, perché ricorrono a interventi che nascondono la loro faccia trasformandola in plastica impersonale? Perché si vergognano di essere naturali, di mostrare come sono veramente? Il tempo che passa e lascia segni sulla nostra pelle è dunque tanto orribile? Le donne si sentono minacciate dal tempo, al contrario degli uomini per i quali regole tanto rigide in termini di invecchiamento non esistono. Un uomo può mostrare tranquillamente la sua vecchiaia, senza alcuno scrupolo. Ma per la donna è diverso, deve sempre cercare di essere ciò che non è solo per rispondere a certi canoni prestabiliti. In un mondo come quello televisivo, dove essere sé stessi significa essere emarginati, il volto è la prima cosa che deve cambiare proprio perché reca tutta la vulnerabilità umana. “L’espressione è un qualche cosa di asimmetrico, di individuale, di impuro, di composito, insomma il contrario del tipico” dice Lorella Zanardo. Ecco cosa fa paura alla televisione, ai media in generale. L’individualità, perché non si può controllare, non si può sottomettere. Infatti, quanto più sarà espressivo un viso tanto più sarà forte un’individualità. “Le facce della nostra televisione sono truccate, depilate e rese telegeniche solo per garantire un prodotto, sia esso mercantile o politico”.
Nella televisione, le poche donne potenti come uomini sono diventate anche simili a loro nel modo brusco e volgare di condurre le trasmissioni, trasformandosi in una sorta di “virago”, che può permettersi di bistrattare una giovane ragazza solo perché “chi ha potere agisce così”.
“Mi è parso, guardando la televisione dopo anni in cui non la guardavo, anni in cui avevo vissuto all’estero, di non vedere corpi di donna. Contrariamente a quello che viene detto di solito, che la nostra televisione, i nostri giornali, le nostre affissioni sono pieni di corpi delle donne, a me è parso di non vedere corpi veri e reali”. Così si è espressa Lorella Zanardo in una recente intervista. In tutto il mondo, le donne sono infatti umiliate giornalmente da rappresentazioni ridicole, che le rendono elementi decorativi, con l’unica caratteristica di essere oggetti sessuali costruiti ad hoc per soddisfare presunte esigenze maschili. La loro personalità è nascosta, cancellata. In Italia, programmi tv come Libero, andato in onda su Rai 2 (la tv pubblica, che dovrebbe essere portatrice di messaggi culturalmente validi e di livello) tra il 2000 e il 2004, divenuto famoso perché il suo conduttore pietosamente volgare e maschilista (Teo Mammuccari) umiliava le vallette al suo fianco e ne relegava una (Flavia Vento) sotto il tavolo in plexiglas sul quale vi erano poggiati alcuni telefoni, hanno contribuito a offendere le donne e il loro corpo, la loro individualità, la loro umanità.
Solo in Italia, lo scorso anno sono stati registrati (secondo i dati Aicpe, associazione italiana di chirurghi plastici estetici) 11.300 aumenti del seno, 10.300 liposuzioni, 8.121 blefaroplastiche (l’intervento per ringiovanire lo sguardo). E siamo perfino nei cosiddetti “tempi di crisi”. Gli americani, solo nello scarso anno, hanno speso ben 10,4 miliardi di dollari per la “plastic surgery”, la chirurgia estetica. Insomma, è l’industria della giovinezza, del presunto benessere, delle cellule nuove. Il mercato della presunta bellezza.
E tutto questo meccanismo distorto che fa leva sulle nostre insicurezze gira perfettamente anche grazie al sentimento di accettazione e passività dominante in questi tempi, che contribuisce ad assecondare la rappresentazione femminile secondo canoni inaccettabili. Le donne in primis dovrebbero ribellarsi e rigettare i diktat del mondo mediatico, che per interessi meramente commerciali propongono un immaginario sballato e totalmente avulso dalla realtà. Ormai, per promuovere un prodotto, che sia esso un abito, un dolce, un cellulare, viene usata una trasfigurazione del corpo femminile, abilmente modificato grazie ai programmi di grafica digitale che mettono in risalto tratti specifici del fisico e ne riducono altri, trasformando il corpo in un qualcosa di inesistente, di irreale, di finto. Il 100% delle immagini femminili che ci passano davanti ogni giorno, non rappresentano donne ma solo cartoni animati.
Il primo passo per opporsi alla mercificazione del corpo femminile potrebbe essere quello di spegnere la televisione, e di imparare a guardare il proprio volto e corpo allo specchio senza alcun pregiudizio, senza il peso di nessun’altra immagine in mente, senza confrontarlo con corpi di fantasia. Ci si dovrebbe guardare con amore, perché il nostro corpo rappresenta quello che abbiamo dentro, è lo specchio della nostra vita, di tutti i giorni che abbiamo passato, delle fatiche, delle gioie, dei dolori, dei traumi. Se noi proviamo vergogna per il nostro corpo, la proviamo anche per la nostra vita. L’errore che commettiamo è quello di nasconderci.
Alice Gurrieri
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