Non c’è pace per il mondo del calcio. Le feste natalizie hanno portato in dono ai tifosi italiani, e non solo, l’ennesima patata bollente, un nuovo scandalo scommesse che stavolta sembra allungare i suoi tentacoli ben oltre i confini nazionali.
Non si parla più un gruppo scalcinato di calciatori e dirigenti corrotti,impegnati a pilotare (spesso in modo maldestro) principalmente gare di serie B e serie C, come sembrava emergere da un primo filone di inchiesta che aveva portato lo scorso giugno anche all’arresto dell’ex campione Giuseppe Signori, ma di un’organizzazione internazionale in grado di combinare gare di ogni livello, compresi anche match tra Nazionali e competizioni europee, con tanto di corruzione di arbitri internazionali. In questi ultimi giorni l’inchiesta sta continuando ad allargarsi, fino a coinvolgere diverse gare del nostro campionato di serie A della scorsa stagione.
Una delle figure chiave dell’inchiesta è Cristiano Doni, giocatore dell’Atalanta, già condannato la scorsa estate a tre anni e mezzo di squalifica dalla giustizia sportiva. Sono molti gli indizi che sembrano inchiodarlo. Ci sono delle intercettazioni compromettenti, il suo tentativo di fuga all’arrivo dei carabinieri per arrestarlo, ma anche il fatto che nascondesse in una cassaforte un computer sospetto, che aveva peraltro negato di possedere. In questi giorni, sottoposto a interrogatorio, Doni ha ammesso quasi tutte le sue colpe.
Naturalmente non è questa la sede per fare processi, Doni sarà giudicato colpevole o innocente da un tribunale, come gli altri personaggi coinvolti in questa vicenda. Ma il suo coinvolgimento in questa vicenda fa male a tutti i tifosi di calcio. Doni è stato capitano per molti anni dell’Atalanta, era un autentico simbolo della tifoseria, addirittura era stato nominato cittadino onorario di Bergamo.
Molti di noi tifano con passione una squadra di calcio, e si affezionano a giocatori che sembrano dare l’anima in campo per i nostri colori. Un calciatore della nostra squadra spesso diventa una specie di parente, una figura di riferimento, anche se magari non lo abbiamo mai conosciuto di persona. Sapere che magari quel nostro beniamino si vendeva le partite, o comunque agiva in modo disonesto, equivale a una disillusione amarissima, un po’ come se sorprendessimo un nostro caro amico a rubare in un supermercato, o peggio. Ed è ancora più dura pensare che certe partite che abbiamo visto, per le quali magari abbiamo gioito o ci siamo disperati, in realtà erano già combinate, con molti dei calciatori in campo impegnati in realtà a recitare una commedia.
Ce ne sarebbe abbastanza per mollare tutto, ma l’amore per una squadra di calcio ha un che di irrazionale, impossibile staccarsene. I tifosi dell’Atalanta, come tutti i tifosi del mondo, troveranno presto un altro idolo di cui innamorarsi.
C’è però un altro personaggio, oltre a Doni, venuto alla ribalta in questi giorni. Si tratta di Simone Farina, modesto difensore del Gubbio, squadra di serie B. Qualche mese fa Alessandro Zamperini, uno dei calciatori coinvolti nel movimento di scommesse, offrì a Farina una somma di circa cinquantamila euro per perdere una partita di Coppa Italia contro il Cesena. Farina rifiutò per poi denunciare il fatto, facendo partire così questo nuovo filone di inchiesta. In un paese normale un gesto di questo genere non avrebbe destato alcun stupore: Farina ha semplicemente fatto il suo dovere di onesto cittadino. Ma in un contesto purtroppo corrotto e spesso ipocrita come quello del calcio attuale, il gesto di Farina è stato salutato quasi come un atto di eroismo, tanto da meritarsi una simbolica convocazione in Nazionale dal c.t. Cesare Prandelli.
No, Simone Farina non è un eroe, ci mancherebbe, gli eroi sono altri. Ma il suo è comunque un gesto di coraggio, se non altro perché ha contribuito in modo determinante a fare emergere questa squallida vicenda. Se lo incontrassimo, verrebbe voglia di stringergli la mano.
Matteo Serra
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