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Addio a Marco Simoncelli, il pilota che amava la vita

 “Andai nei boschi perché volevo vivere con saggezza, vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto”. Questa frase la scrisse Henry David Thoreau a 37 anni, in una delle sue opere più note, “Walden, ovvero la vita nei boschi”.

Era solo un ragazzo, certo. Poco più che ventenne, con ancora un cammino lungo e grande davanti a sé, e tante riflessioni da fare, e parole da pronunciare e scelte da compiere ed esperienze da realizzare e sogni e speranze e desideri e progetti… come tutti i ventenni, come chi scrive queste righe, come un qualunque giovane ovunque nel mondo. Non ci si può non fermare davanti a questa consapevolezza, mettendo a fuoco che è tremendo, ingiusto, mille volte più sbagliato quando a morire è un ragazzo. Ci si sente più poveri dentro.

Però Marco Simoncelli non è vissuto invano, al contrario ha saputo rendere straordinaria la sua vita. E questo consola, e rende forse meno doloroso il pensiero di una morte tanto improvvisa quanto tragica. I suoi numerosi successi sportivi raggiunti così presto hanno dimostrato quanto Marco tenesse a realizzare le proprie aspirazioni nel migliore dei modi: a soli 15 anni è nominato campione europeo, e nello stesso anno diventa uno dei protagonisti del Motomondiale, la serie di corse motociclistiche più importante al mondo. Nonostante i problemi affrontati nel 2004, tra cui alcune cadute, nel 2006 Marco passa alla classe 250 del Motomondiale. Nel 2009, dopo un 2008 ricco di ottimi risultati, il giovane campione ottiene una bella vittoria in Francia, dimostrando grande abilità per la straordinaria padronanza della moto sul bagnato. Nel 2010 entra in MotoGP e nel 2011 ottiene il suo migliore risultato in questa classe: è in Australia, arriva secondo.

Una bella carriera, che stava spiccando un volo ancora più alto. Fino ad oggi. Fino alla morte tragica, fino al colpo di grazia della moto di Colin Edwards, l’americano pilota della Yamaha, nella pista di Sepang, in Malesia. E in un attimo, in un istante, è finita.

Adesso tutti inizieranno a riflettere sul pericolo di simili sport, a chiedersi, legittimamente e inutilmente, se non sia troppo alto il rischio quando in una pista corrono decine di veicoli a velocità altissima. Poi forse emergeranno anche altre polemiche, e verranno chiamati in causa tutti, e inizierà il solito teatrino attorno a simili tragedie. 

Ma l’unica cosa che conta adesso, l’unica cosa che è forse necessario ricordare, al di là di ogni parola che è stata e verrà detta a riguardo, è l’importanza di vivere pienamente, di seguire i propri sogni e di amare l’esistenza con passione. Come Marco Simoncelli ha scelto di fare, fino all’ultimo.

 

Alice Gurrieri

 

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